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Home » Argomenti » Cambiamento climatico » Il clima è cultura

Articolo stampato dal sito https://carlocarraro.org
Il clima è cultura

Data: 16 Maggio 2012  | Nessun commento
Cape Farewell

Foto: www.capefarewell.com

“Climate is culture” afferma David Buckland in un recente articolo pubblicato su Nature Climate Change. Artista, regista e designer britannico di fama internazionale, Buckland esplicita in questa metafora il fulcro della sua attività degli ultimi anni. E “Clima è cultura. Dove la scienza incontra l’arte” è anche il titolo della lezione che terrà a Venezia giovedì 17 maggio, un appuntamento aperto al pubblico ed organizzato dall’International Center for Climate Governance in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia (ore 11:00, presso l’Auditorium Santa Margherita).

Nel 2001 Buckland diede vita a Cape Farewell, un progetto che coinvolge tuttora scienziati e artisti di tutto il mondo con l’obiettivo di fare dei cambiamenti climatici una responsabilità culturale. Scrittori, poeti, architetti, compositori, registi, pittori, insieme a scienziati e ricercatori, sono protagonisti di spedizioni esplorative nelle zone più impattate dai cambiamenti climatici o più rappresentative di soluzioni creative per affrontarli. Occasioni di contaminazione tra discipline artistiche e scientifiche, le esperienze al limite vissute grazie al progetto di Buckland diventano per gli artisti nuovi germogli creativi, e sono fertilizzanti di una vasta produzione artistica ispirata al tema.

 

L’origine di Cape Farewell

La curiosità dell’artista sui modelli climatici e sulla loro capacità di “prevedere” il futuro del pianeta lo condusse a prendere contatto con il mondo della ricerca e a scoprire un patrimonio di conoscenze sui cambiamenti climatici che andava ben oltre la consapevolezza dell’opinione pubblica. Il peso del problema lo convinse della necessità di trovare nuovi modi di comunicare i cambiamenti climatici e di colmare il gap informativo tra scienza e società, al fine di permettere un cambiamento culturale significativo.

Fu così che nel 2001 selezionò alcuni artisti e li condusse, insieme a oceanografi, climatologi e geologi, in una spedizione verso i ghiacciai artici. Da allora, sotto l’etichetta di Cape Farewell, 140 artisti e 45 scienziati hanno visitato l’Artico, le Ande, la Foresta Amazzonica e le isole Scozzesi.

 

Clima è cultura

Conoscere è il primo passo verso il cambiamento. Gli scienziati studiano ormai da decenni i cambiamenti climatici. “Hanno fatto un lavoro eccellente” afferma Buckland in un’intervista rilasciata alla rivista Climate Science and Policy, “ma non sono gli scienziati la causa dei cambiamenti climatici […],la causa del problema è il modo in cui viviamo. […] I cambiamenti climatici non sono una responsabilità scientifica, ma culturale. In questo senso il clima è cultura”. La cultura comprende la politica, l’economia, l’educazione, i sistemi valoriali, la costruzione identitaria degli individui. Agire sulla cultura significa quindi agire sulle radici della società.

 

Cape Farewwll - Burning Ice

Foto: www.capefarewell.com

Il linguaggio emozionale

La cognizione del problema e della responsabilità antropogenica deve essere dunque condiviso con il giusto linguaggio, accessibile alla società. L’arte non può certamente sostituire la comunicazione scientifica, veicolo di contenuti, ma la può affiancare, destando l’attenzione e stimolando la recettività dei destinatari. Il linguaggio artistico è emozionale, e in quanto tale raggiunge facilmente  e nel profondo l’animo umano. Alcune forme d’arte, inoltre, permettono di veicolare emozioni ed informazioni raccontando storie, modalità antica e profonda di comunicazione che permette l’identificazione del destinatario, radicata in noi sia dal punto di vista filogenetico che ontogenetico.

Cape Farewell è origine di queste forme d’arte:  se può essere ostico e astratto comprendere la gravità di un aumento della temperatura di 2°C spiegata in un report scientifico, ben diverso è leggere il racconto o vedere il video di una spedizione tra i ghiacciai artici. E ancora più emozionante può essere osservare nuove opere d’arte ispirate da tale esperienza che animano musei, esposizioni, pubblicazioni, sale cinematografiche.

 

Il Cape Farewell di domani

Nato per destare l’attenzione del pubblico sul tema, il progetto di Buckland si sta ultimamente focalizzando sulle soluzioni possibili. Le spedizioni estreme in terre inabitabili lasciano spazio ad esplorazioni di luoghi quotidiani, dove si possono nondimeno incontrare gli impatti dei cambiamenti climatici ma dove si possono scoprire anche le azioni di resilienza messe in atto delle comunità locali, come nell’ultima spedizione presso le isole della Scozia Occidentale. Storie che fanno notizia e che vengono narrate, riprese, raccontate dai mass media, altra importante e ambivalente risorsa per la sensibilizzazione ambientale. Ma che, aspirando alla soluzione del problema, non vengono raccontate con il tono della tragedia, bensì con quello della commedia. Una commedia di errori umani che offre anche la brillante opportunità di mettere in gioco alcuni valori radicati e controversi.


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