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Home » Argomenti » Cambiamento climatico » Curare il clima fa bene ai conti pubblici e alla crescita

Articolo stampato dal sito https://carlocarraro.org
Curare il clima fa bene ai conti pubblici e alla crescita

Tags: mercato del carbonio, politiche climatiche, tasse ambientali  |   Data: 2 Febbraio 2013  | Nessun commento

img1Dare un prezzo adeguato alle emissioni di gas ad effetto serra può aiutare i Paesi europei non solo a ridurre le emissioni stesse e quindi il loro impatto sulle variazioni climatiche, aumento medio della temperatura in primis, ma può contribuire anche ad aumentare le entrate e a ridurre i disavanzi pubblici in modo più efficace di quanto si possa fare con altri tipi di imposte.

Il Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment e il Centre for Climate Change Economics and Policy hanno dedicato all’argomento il paper “Less pain, more gain: the potential of carbon pricing reduce Europe’s fiscal deficits – Meno dolore, più guadagno: il potenziale del prezzo del carbonio nel ridurre i disavanzi di bilancio in Europa”, concludendo che un’imposizione fiscale sull’energia e sulle emissione di CO2 avrebbe, a parita’ di gettito, un impatto sulla crescita economica e sull’occupazione meno negativo rispetto all’imposizione sul lavoro o altre fiscalità indirette come l’IVA.

Nell’attuale contesto di crisi, per molti governi europei, l’Italia soprattutto, la grande sfida di risanare il bilancio eliminando i deficit fiscali e di conseguenza riducendo il debito pubblico è oramai assolutamente prioritaria. Non perché il debito sia un male in se, anzi,  ma il livello elevato, e il suo uso poco produttivo, sono oramai insostenibili. A marzo 2012, 25 Paesi dell’ Unione Europea hanno firmato il Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance, adottando una serie di regole intese a rinsaldare la disciplina di bilancio attraverso un patto comune, a potenziare il coordinamento delle loro politiche economiche e a migliorare la governance della zona euro. In questo contesto, la mitigazione dei cambiamenti climatici viene spesso ritenuta un costo aggiuntivo da parte dei singoli governi, un lusso che in tempi di crisi non ci si può permettere e un problema che afferisce a misure di politica ambientale. E’ invece necessario rivedere questa visione che considera le politiche ambientali come slegate da quelle fiscali: per troppi Paesi europei le imposte sulle emissioni di gas ad effetto serra giocano un ruolo marginale. Mentre lo studio del Grantham Research Institute fa vedere che non dovrebbe essere così, e che la tassazione ambientale e’ una opportunità per la politica fiscale in generale.

“Introdurre o aumentare la tassazione sui comportamenti inquinanti rappresenta una strategia potenzialmente win-win. […] Poiché molti Paesi sono impegnati a ridurre i gas serra, è il momento giusto per affrontare congiuntamente il consolidamento fiscale e la protezione ambientale” ha affermato l’OECD nel recente paper “What are the Best Policy Instruments for Fiscal Consolidation? – Quali sono i migliori strumenti politici per il consolidamento fiscale?”.

La riduzione delle emissioni di gas serra passa per un cambiamento nelle scelte e nei comportamenti di istituzioni, imprese e cittadini. L’educazione, la comunicazione e la sensibilizzazione sul problema dei cambiamenti climatici, cresciute fortemente negli ultimi anni, stanno migliorando la coscienza dei cittadini, ma non sono sufficienti ad innescare il cambio radicale necessario a progredire verso una crescita verde e sostenibile. Serve una guida per orientare tali scelte e uno strumento efficace ed efficiente è proprio il mercato: attraverso segnali di prezzo agisce per modificare il sistema di incentivi e quindi i comportamenti di imprese e cittadini. Chi, attraverso il consumo di energia, contribuisce all’immissione di carbonio in atmosfera, si accolla con il pagamento di un’adeguata imposta il costo che le proprie scelte di consumo o produzione comportano per la società in termini ambientali: costo proporzionale all’intensità di carbonio del tipo di energia fossile che sceglie di utilizzare o del mezzo di trasporto o del tipo di abitazione o di processo produttivo. Il prezzo del carbonio, sotto forma di imposta o attraverso il mercato delle emissioni (EU ETS), deve compensare i costi che i consumi di energia di origine fossile impongono alla società, ovvero il loro contributo ai cambiamenti climatici.

Il paper Less pain, more gain, che si basa su una più ampia ricerca condotta da Vivid Economics per European Climate Foundation e Green Budget Europe, evidenzia che per molti Paesi europei la tassazione di alcuni carburanti, specialmente il diesel, non  arriva a coprire il costo sociale delle emissioni. Ci sarebbe dunque un margine di entrate pubbliche e di potenziale salvaguardia del clima non adeguatamente sfruttato. Chiaramente deve trattarsi di un processo graduale, che tenda ad allineare tra loro i Paesi europei appianando le grosse differenze presenti a livelli nazionali (Fig. 1), continuando a prestare attenzione alle conseguenze che queste misure potrebbero comportare, come ad esempio i loro effetti regressivi, la possibile perdita di competitività o  il carbon leakage[1].

Figura 1-  Imposte sul carbonio ali tassi di cambio di mercato, 2011, € / tCO2

Considerazioni interessanti queste che, in un momento di cambiamento come quello che oggi attraversa l’Italia, dovrebbero essere all’ordine del giorno e non oggetto di totale marginalità anche nella attuale campagna elettorale, in cui la questione ambientale occupa un ruolo assolutamente minimale nei programmi dei principali leader candidati. E’ l’ennesima prova della mancanza di visione della politica italiana, che non sa guardare al benessere delle nuove generazioni, che non coglie l’importanza dei cambiamenti climatici in corso e nemmeno l’opportunità di una riforma fiscale che potrebbe allo stesso tempo aiutare a riequilibrare i conti pubblici senza troppi effetti recessivi, oltre che dar luogo a comportamenti ambientali più virtuosi. Per uno sviluppo, non solo italiano, ma di tutto il pianeta, un po’ più sostenibile.

 


[1] Si verifica carbon leakage quando vi è un aumento delle emissioni di anidride carbonica in un Paese come risultato di una riduzione delle emissioni di un secondo Paese in conseguenza all’adozione di una politica climatica. Ad esempio, se un Paese A aumenta il costo locale del carbonio attraverso politiche sulle emissioni, attività di produzione fortemente energivore potrebbero trasferirsi al Paese B, a condizione che la domanda dei beni in questione resti invariata: lo scopo di ridurre l’intensità delle emissioni globali non sarebbe quindi raggiunto.

 

Maggiori informazioni

  • Michael Jacobs, John Ward, Robin Smale, Max Krahe e Samuela Bassi (Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment e Centre for Climate Change Economics and Policy), Less pain, more gain: the potential of carbon pricing reduce Europe’s fiscal deficits (novembre 2012): http://www2.lse.ac.uk/GranthamInstitute/Media/Releases/2012/MR191112-carbon-pricing-european-countries-cut-deficits.aspx
  • Vivid Economics, Carbon taxation and fiscal consolidation: the potential of carbon pricing to reduce Europe’s fiscal deficits. London: Vivid Economics (2012): http://www.foes.de/pdf/2012-05_CETRiE_Carbon_Pricing_Report_web.pdf
  • Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD). What are the Best Policy Instruments for Fiscal Consolidation? OECD Economics Department Policy Notes, No. 12 (aprile 2012): http://www.oecd.org/eco/publicfinanceandfiscalpolicy/50100775.pdf
  • Consiglio Europeo, Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance (2012): http://european-council.europa.eu/media/639226/10_-_tscg.it.12.pdf

 

 

 


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