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Home » Argomenti » Cambiamento climatico » Misurare e valutare gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile

Articolo stampato dal sito https://carlocarraro.org
Misurare e valutare gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile

Tags: climate week, New York, obiettivi di sviluppo sostenibile, sviluppo sostenibile  |   Data: 28 Settembre 2015  | Nessun commento

L’Assemblea delle Nazioni Unite ha discusso e approvato i nuovi Sustainable Development Goals (SDGs) nel corso dell’United Nations Sustainable Development Summit tenutosi a New York lo scorso 25-27 settembre. La Sustainable Development Agenda (Agenda per lo Sviluppo Sostenibile) adottata dall’Assemblea prevede 17 obiettivi da perseguire entro il 2030, orientati a porre fine alla povertà estrema, ridurre le disuguaglianze, favorire l’istruzione a livello globale, migliorare le condizioni di salute, affrontare i cambiamenti climatici nel corso dei prossimi 15 anni.

La Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) ha contribuito alla discussione presentando a New York i risultati preliminari del nuovo progetto APPS – Assessment, Projections and Policy for Sustainable Development Goals in due diverse occasioni: l’International Conference on Sustainable Development (23-24 settembre) ed il side event ufficiale della Climate Week “Sustainable Development Goals: New Metrics for Monitoring, Verifying and Assessment” (24 settembre).

 

Il progetto APPS

Il progetto APPS (“Valutazioni, Proiezioni e Politiche per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”) si compone di due fasi. Nella prima, l’obiettivo è costruire un ampio database di indicatori in grado di misurare il progresso verso la sostenibilità. Il progetto offre un’analisi retrospettiva degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, calcolando una serie di indicatori statistici per 139 Paesi. Gli indicatori selezionati, scelti come i più adatti a misurare i 17 SDGs proposti dalle Nazioni Unite, sono organizzati in tre pilastri (sociale, ambientale, economico), per evidenziare la performance complessiva di un Paese nelle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile. Inoltre, attraverso una procedura di aggregazione non lineare che fonde le tre dimensioni di cui sopra, viene costruita una misura complessiva della sostenibilità di ogni Paese, consentendo di stilare una “classifica di sostenibilità” di tutte le nazioni del mondo. Vediamo quali sono le principali difficoltà incontrate nel definire questo nuovo indicatore della sostenibilità di un Paese.

 

Scelta degli indicatori

In questa fase la difficoltà è identificare indicatori che (i) siano efficaci nel misurare uno o più obiettivi degli SDGs; (ii) consentano una copertura dei dati soddisfacente per un numero sufficiente di Paesi; (iii) permettano di identificare con chiarezza le variabili che influenzano l’aumento o la riduzione del valore di un indicatore nel corso del tempo. Il risultato di questa selezione è una serie di 25 indicatori, a loro volta raggruppati in base alla loro appartenenza alla dimensione economica, sociale o ambientale.

 

Confronto, Normalizzazione, Aggregazione

Il secondo passo consiste nel rendere comparabili gli indicatori all’interno di ciascuna dimensione della sostenibilità, utilizzando metriche comuni. E’ stato quindi necessario definire, per ogni indicatore, valori soglia (thresholds) di “sostenibilità” o “insostenibilità”, basati sulla letteratura e/o sui dati osservati (benchmarking), e convertire poi i dati raccolti in un intervallo tra 0 e 1  (normalizzazione). Nella terza fase della ricerca, infine, gli indicatori sono stati aggregati per costruire un indice multi-dimensionale che misuri i vari aspetti della sostenibilità nel loro complesso. Nel far ciò, la principale criticità è la metodologia di aggregazione dei diversi indicatori. Qui vengono utilizzati due diversi criteri. Per la creazione dell’indice per ciascun pilastro, si applica la semplice media aritmetica, vale a dire si dà uguale peso ai diversi indicatori. Una procedura più raffinata, basata sulla elicitazione di pareri di esperti attraverso la somministrazione di questionari, viene invece utilizzata per costruire l’indice multi-dimensionale, con la derivazione di pesi diversi per i singoli pilastri grazie all’utilizzo di misure fuzzy ed all’integrale di Choquet, in modo da tener conto delle interazioni tra le diverse componenti della sostenibilità (Farnia e Giove, 2015).

 

I risultati

Come illustrato nella mappa e nella tabella, sono Svezia, Norvegia e Svizzera a guidare la classifica. I Paesi del Nord Europa e dell’Europa Centrale risultano essere i migliori al mondo in termini di sostenibilità, grazie ad uno sviluppo economico e sociale che non dimentica il rispetto per l’ambiente. I Paesi europei più industrializzati (Francia, Germania e Regno Unito) sono invece penalizzati dal maggior indice di inquinamento associato alla loro economia. Ad eccezione della Slovenia (10°), i Paesi del Mediterraneo si posizionano tra il 31° (Spagna) e l’85° posto (Grecia). L’unico Paese non europeo presente nella top ten è la Nuova Zelanda, mentre gli altri Paesi altamente sviluppati si posizionano tra il 24° (Canada) e il 52° posto (Stati Uniti).

Le nazioni emergenti sono sparse nella nostra classifica di sostenibilità. Il Brasile (43°) e la Russia (45°) si posizionano in posizioni più virtuose della Cina (80°) e dell’India (102°), penalizzate queste ultime, rispettivamente, dalle dimensioni ambientale e sociale.

La tutela dell’ambiente è l’unico pilastro in cui i Paesi più poveri si posizionano ad un livello sostenibile, data la loro ancora scarsa crescita economica. Le peggiori prestazioni in termini di sostenibilità complessiva sono tuttavia quelle dell’Africa Sub-Sahariana (Comore, Repubblica Centrafricana e Ciad occupano infatti gli ultimi posti della classifica).

Nella mappa (Figura 1) si fornisce una rappresentazione grafica dell’indice di sostenibilità, che permette di evidenziare rapidamente come i Paesi sostenibili (in verde) siano una piccola frazione del pianeta terra. L’area invece dei Paesi lungo un percorso di crescita insostenibile, colorata in rosso, è invece ancora molto ampia.

 

Figura 1 – Indice composito multidimensionale

Figura 1 – Indice composito multidimensionale

 

La tabella 1 riporta invece i valori numerici dell’indice di sostenibilità per i 139 Paesi per cui è stato possibile calcolarlo (mostriamo solo i migliori 10 e i peggiori 10 per ragioni di spazio. Il dettaglio per tutti i Paesi si trova in Carraro et al., 2015). Nella tabella sono inclusi anche i valori dei sotto-indici calcolati aggregando separatamente gli indicatori economici, sociali e ambientali.

 

Tabella 1 – Primi e ultimi dieci Paesi in classifica (ordinati secondo l’indice composito multidimensionale) per dimensione di sostenibilità

Tabella 1 – Primi e ultimi dieci Paesi in classifica (ordinati secondo l’indice composito multidimensionale) per dimensione di sostenibilità

 

Valutazione dei trend futuri di sostenibilità e delle politiche connesse

La valutazione ex post della sostenibilità dei vari Paesi attraverso opportuni indicatori è però solo una parte del progetto APPS. Più interessante è il lavoro in corso per integrare gli indicatori all’interno di un modello macroeconomico dell’economia mondiale (il modello ICES: si veda pe i dettagli tecnici Eboli et al., 2010), attraverso lo sviluppo di moduli sociali ed ambientali.

I questo modo diviene possibile proiettare gli indicatori di sostenibilità nel futuro, anche in funzione di misure di politica alternative. Questo permette di valutare in anticipo i possibili trends futuri degli indicatori e di valutare la loro reazione rispetto a specifiche politiche proposte per migliorare eventuali performance insoddisfacenti.

In tal modo diventa possibile ottenere una prospettiva globale degli effetti dello sviluppo socio-economico dei prossimi 15 anni, così come quelli delle politiche che, nel raggiungere i target definiti dall’Open Working Group delle Nazioni Unite (OWG, 2014), possono far emergere interessanti sinergie o conflittualità tra i diversi indicatori. Inoltre, l’uso del modello macro-economico permette di capire l’ammontare di investimenti richiesto per raggiungere gli obiettivi, anche evidenziando il ruolo dei trasferimenti finanziari internazionali.

L’obiettivo finale è quello di valutare fino a che punto il mondo sarà in grado di muovere verso la sostenibilità entro il 2030, rendendo più verde l’economia nei Paesi sviluppati e guidando i Paesi in via di sviluppo verso una crescita economica altamente inclusiva e a basso impatto ambientale. Inoltre, sarà possibile stimare i costi e l’efficacia delle scelte politiche necessarie a perseguire un percorso di sviluppo sostenibile.

 

Riferimenti

Carraro, C., Campagnolo, L., Eboli, F. and L. Farnia (2015), “Assessing Sustainable Development Goals”, paper prepared for the SDSN Conference on ”Implementing the Sustainable Development Goals (SDGs): Getting Started“, New York, 23-24 September 2015.

Eboli, F., Parrado, R. and R. Roson (2010) “Climate Change Feedback on Economic Growth: Explorations with a Dynamic General Equilibrium Model.” Environment and Development Economics 15: 515-533.

Farnia, L. and S. Giove (2015), “Fuzzy measures and experts’ opinion elicitation.” Smart Innovation, Systems and Technologies  37: 229-241.

UN OWG (2015). Open Working Group Proposal for Sustainable Development Goals. Open Working Group of the General Assembly on Sustainable Development Goals, United Nations. https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/1579SDGs%20Proposal.pdf

 


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