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Articolo stampato dal sito https://carlocarraro.org
Il pentagono dello sviluppo

Tags: italia, sviluppo economico  |   Data: 30 Ottobre 2019  | Nessun commento

La percezione che, in questi ultimi anni, un gruppo ristretto di regioni sia il motore, il cuore pulsante, dello sviluppo economico italiano è oramai diffusa, soprattutto nel Nord del Paese. In queste regioni si sono concentrate crescita e occupazione, export e servizi di qualità, con un divario accresciuto col resto d’Italia.

 

Meno precisa e dettagliata è stata la loro individuazione e l’analisi delle ragioni che stanno dietro i risultati conseguiti. Analisi peraltro indispensabile per capire non solo la dinamica economica e sociale di queste regioni, ma soprattutto il loro futuro, la loro integrazione nel sistema economico europeo, la capacità di far fronte ai tanti cambiamenti che caratterizzeranno il futuro prossimo venturo.

 

Per identificare ed analizzare le regioni che trainano l’economia italiana, la Fondazione NordEst ha costruito un indicatore di sintesi, che abbiamo chiamato ISES (Indice di Sviluppo Economico e Sociale), per tutte le 111 provincie italiane, che aggrega i 15 principali indicatori socio-economici in ciascuna provincia. I risultati mostrano (si veda la figura) come le 20 province con il più elevato valore dell’ISES stiano tutte in 5 regioni (unica eccezione è la provincia di Firenze): Lombardia, Trentino AA., Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Dando vita ad una macroregione a forma di Pentagono.

 

L’indice di sviluppo economico e sociale (ISES) delle 111 provincie italiane

 

Che cosa caratterizza, da un punto di vista economico-sociale, queste 5 regioni? Il dettaglio dei risultati è contenuto nel Rapporto 2019 della Fondazione NordEst, scaricabile gratuitamente dal sito http://www.fnordest.it. In sintesi, livelli di reddito pro-capite più elevati, minor disoccupazione, maggiore apertura commerciale, minor numero di giovani inattivi (Neet), maggior raccolta differenziata, miglior qualità ambientale, ecc. Notizie meno positive vengono tuttavia dal fronte istruzione e investimenti. Per queste due variabili, anche il Pentagono soffre del cronico ritardo che caratterizza tutto il paese e della difficoltà, emersa soprattutto in questi ultimi anni, di invertire la rotta, sia con maggiori investimenti pubblici (in infrastrutture e formazione) sia con maggiori investimenti privati (in innovazione e digitalizzazione).

 

Il confronto del Pentagono con le altre regioni europee contenuto nel rapporto della Fondazione NordEst ci restituisce comunque l’immagine di un gruppo di regioni perfettamente integrato con quelle più evolute e dinamiche del centro Europa. Simili livelli di reddito e di occupazione, economie strettamente integrate da alti livelli di interscambio commerciale, un’area di sviluppo mitteleuropea che include Austria, Germania, Olanda, alcune regioni dell’Est, Danimarca, il sud dell’Inghilterra ed anche il Pentagono. Risultati meno positivi emergono nuovamente quando si guarda ai dati relativi alla formazione e agli investimenti. Non solo le regioni del Pentagono non si distinguono granché dalle altre regioni italiane, ma il gap con le regioni europee più performanti diviene rilevante e crescente nel tempo. E quelli che mancano sono proprio gli investimenti fondamentali per le regioni del Pentagono, quelli che, dalla formazione all’innovazione, dalle nuove forme di energia alle infrastrutture, sono essenziali per il loro futuro.

 

Quale lezione si può quindi trarre dal Rapporto della Fondazione NordEst? La possibile autonomia delle regioni del Pentagono (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, l’hanno richiesta, Trentino AA e Friuli VG già la possiedono) potrebbe essere la molla per sbloccare una situazione di stagnazione, a patto che vengano adottate misure che abbiamo un comune denominatore: la ripresa degli investimenti, pubblici e privati. Per costruire i pilastri dello sviluppo economico futuro. A traino di tutto il paese.

 

La ricetta potrebbe essere riassunta nel modo seguente:

  1. Spostare una parte delle risorse pubbliche, regionali e nazionali, dalla spesa corrente agli investimenti (al contrario di quanto fatto negli ultimi anni).
  2. Dare vita ad una forte semplificazione burocratica e amministrativa, per attirare investimenti sia da imprese italiane che straniere.
  3. Introdurre una fiscalità agevolata per gli investimenti, sul modello di Industria 4.0, anche detassando gli utili investiti nella propria impresa o per dar vita a nuove imprese.
  4. Indirizzare gli investimenti laddove il ritorno privato si affianca ad un rilevante ritorno sociale: formazione e istruzione, ricerca e innovazione, tutela dell’ambiente, economia circolare, energie rinnovabili, trasporti sostenibili, difesa dal cambiamento climatico.
  5. Sostenere con partnership pubblico-private gli investimenti più strategici per il paese, soprattutto quelli in Intelligenza Artificiale, in bio-ingegneria e nelle tecnologie di riuso della CO2 rimossa dall’ atmosfera.
  6. Sviluppare le infrastrutture di trasporto, energetiche, formative, culturali necessarie ad attirare investimenti produttivi rilevanti e capitale umano qualificato.

 

Gli investimenti ora descritti sono tra loro sinergici. Gli investimenti in una rete di trasporti che crei un attrattore metropolitano facilitano ad esempio la permanenza e l’arrivo di capitale umano qualificato. Questo a sua volta è un prerequisito per sviluppare ricerca e innovazione. Che a sua volta è la condizione per far crescere settori produttivi e servizi ad alto valore aggiunto, centrati su digitale e nuove tecnologie. Settori che a loro volta necessitano di trasporti efficienti e capitale umano qualificato. In sintesi: investimenti in formazione, innovazione, infrastrutture rendono attrattivo il territorio (grazie alle semplificazioni amministrative e le politiche fiscali di cui sopra). Un territorio attrattivo è quello fertile per investimenti, innovazione, crescita, benessere.

Il circolo virtuoso così innescato non genera soltanto crescita e occupazione, ma è in grado di generare anche le risorse per proteggere le fasce della popolazione e quelle realtà imprenditoriali che saranno penalizzate dalle transizioni (digitali, energetiche, demografiche, bio-mediche…) rapide ed impattanti che ci attendono nei prossimi anni.

 

[Photo by Alex wong on Unsplash]


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