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Home » Argomenti » Cambiamento climatico » La sfida etica dei cambiamenti climatici

Articolo stampato dal sito https://carlocarraro.org
La sfida etica dei cambiamenti climatici

Tags: adattamento, cambiamenti climatici, clima, etica, mitigazione, sviluppo sostenibile  |   Data: 5 Giugno 2014  | Nessun commento

Le sfide poste dai cambiamenti climatici si incrociano con numerosi fenomeni sociali ed economici, con impatti rilevanti sulle generazioni presenti e su quelle future, impatti molto diversi a seconda delle condizioni economiche e sociali della popolazioni colpite.

Quali criteri di equità devono quindi guidare le scelte alla base delle politiche climatiche? Come coinvolgere i Paesi in via di sviluppo nelle azioni di mitigazione? Quali principi etici dovranno essere usati per definire le responsabilità dell’intervento dell’uomo sul clima e per ripartire i costi delle politiche di mitigazione e di adattamento tra i diversi Paesi? Come valutare i costi e i benefici di queste politiche nel futuro? Sono questi alcuni dei quesiti al centro del dibattito pubblico internazionale sulle politiche climatiche degli ultimi anni, temi di cui si è discusso in occasione dell’ultimo ICCG Seminar on “Climate Ethics”, tenutosi lo scorso 27 maggio 2014 presso la sede dell’International Center for Climate Governance, a Venezia.

 

Guarda la videointervista agli speaker del seminario, Ulrich Metschl, University of Innsbruck and Ludwig Maximilians Universität e Ignazio Musu, Università Ca’Foscari Venezia e Venice International University

Il cambiamento climatico rappresenta uno dei più grandi problemi globali, sebbene i suoi effetti siano caratterizzati da grande eterogeneità tra le diverse regioni del mondo. I potenziali effetti dei cambiamenti climatici comprendono l’innalzamento delle temperature su scala globale, lo scioglimento e la conseguente riduzione della superficie terrestre e marina coperta dai ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari e la variazione nella manifestazione territoriale e nell’intensità delle precipitazioni, nonché l’incremento della frequenza di fenomeni metereologici estremi. Questi effetti avranno conseguenze sia sull’ambiente naturale sia sull’uomo: dalla riduzione della biodiversità all’aumento del rischio di carestie e di malattie infettive. L’aggravarsi di tali cambiamenti potrebbe portare nel lungo termine all’inasprimento di conflitti sociali legati, per esempio, alla scarsità di risorse o terre abitabili ed a migrazioni di massa, soprattutto quando tali effetti saranno combinati con livelli di instabilità sociale. I cambiamenti climatici avranno conseguenze non solo sul sistema ambientale ed economico, ma anche su quello sociale. L’aspetto etico del problema è quindi cruciale sia a livello geografico (come valutare le azioni di Paesi poveri rispetto a quelli più ricchi?) sia a livello temporale (come prendere in considerazione le generazioni future nelle scelte presenti?), e si declina nelle due dimensioni d’azione: (i) la mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso azioni volte a ridurre le emissioni di gas serra e (ii) l’adattamento agli effetti che i cambiamenti climatici inevitabilmente provocheranno. Entrambe le azioni vengono affrontate in modo diverso a seconda dell’area geografica di riferimento e del suo grado di sviluppo economico.

MITIGAZIONE. Chi è responsabile dei cambiamenti climatici? Chi deve agire per primo? Le responsabilità legate alle concentrazioni di gas serra attualmente nell’atmosfera non sono ugualmente distribuite. Questa è la prima questione etica, che riguarda l’aspetto intragenerazionale tra Paesi industrializzati, economie emergenti e Paesi in via di sviluppo.

Da un lato, la responsabilità storica dell’attuale situazione climatica appartiene ai Paesi industrializzati, la cui intensa crescita economica ha richiesto il consumo di risorse ad alto contenuto di carbonio a partire dall’inizio del secolo scorso. Inoltre, se si considerano le emissioni pro capite, i Paesi industrializzati continuano a registrare valori ben superiori ai valori medi.[1] Spetterebbe quindi a questi Paesi compiere il primo passo.

Dall’altro lato, l’attuale e futura quota di emissioni da parte delle economie emergenti rende indispensabile una loro partecipazione attiva per rendere efficace la lotta al climate change. Senza alcun vincolo alle emissioni in questi paesi, queste continueranno a crescere nei prossimi decenni, spinte dalla crescente domanda di energia a basso costo basata sui combustibili fossili a scapito dell’uso di energie rinnovabili e rafforzate dalla costante crescita economica. La parte più rilevante di tale aumento delle emissioni sarà attribuibile proprio ai Paesi in via di sviluppo, le cui economie crescono rapidamente e partono da un’intensità di carbonio per unità di bene prodotto relativamente più elevata. Un’azione senza la partecipazione delle economie emergenti potrebbe causare una perdita di competitività per i settori dei Paesi impegnati in iniziative di riduzione ed un rischio di carbon leakage verso i Paesi al di fuori dell’accordo, spostando la produzione “inquinante” verso zone senza vincoli di emissioni, con il risultato di ridurre o addirittura vanificare lo sforzo.

ADATTAMENTO. Anche la questione dell’adattamento coinvolge aspetti etici. I Paesi più poveri saranno infatti quelli maggiormente colpiti dai potenziali effetti dei cambiamenti climatici per ragioni geografiche, economiche e sociali/istituzionali. Innanzitutto, la loro posizione geografica li vede concentrati a latitudini in cui le temperature medie sono più alte che nelle zone temperate: un innalzamento ulteriore delle temperature potrebbe avere quindi maggiori impatti sulla salute, sulla stabilità sociale e sull’economia. Secondo, questi Paesi sono molto dipendenti dai settori più sensibili al clima (es. agricoltura). Infine, hanno minori capacità istituzionali e finanziarie per anticipare ed adattarsi agli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici. In particolare, queste popolazioni sono in genere più vulnerabili a causa del basso reddito pro capite, della limitata disponibilità di servizi pubblici e del basso livello di istruzione. In tale contesto, i trasferimenti finanziari e tecnologici giocheranno un ruolo chiave sia nel rafforzare la credibilità degli impegni presi dai Paesi industrializzati verso quelli in via di sviluppo, sia per incentivare una futura partecipazione di tutti i Paesi. I Paesi piu’ avanzati hanno dunque la responsabilità e le potenzialità per dimostrare la serietà del loro impegno non solo lavorando a congiunte strategie di mitigazione, ma anche favorendo una nuova via allo sviluppo dei Paesi più poveri, incoraggiando l’uso di tecnologie pulite e di efficienza energetica ed aiutandoli a sviluppare una capacità adattiva.

EQUITA’ INTERGENERAZIONALE. Nel valutare le politiche climatiche, è necessario analizzare i costi e i benefici delle diverse azioni di mitigazione ed adattamento. Quest’analisi viene fatta in un’ottica temporale, in quanto le azioni intraprese oggi avranno effetti sul futuro. E’ questa la seconda questione etica del cambiamento climatico, quella intergenerazionale. Poichè le strategie di mitigazione poste in essere oggi vedranno i loro effetti solo nel lungo periodo, l’aggregazione temporale di costi, danni e benefici gioca un ruolo estremamente importante nelle valutazioni economiche. In particolare, la definizione di un tasso di sconto[2] con cui aggregare danni e benefici che avverranno in diversi momenti temporali assume un ruolo centrale nella determinazione dell’impatto economico aggregato.

Nonostante la sua importanza, non esiste un valore universalmente accettato: ne deriva una molteplicità di stime. il Rapporto Stern, ad esempio, è stato criticato per aver usato un tasso di sconto molto basso[3] che porta a trattare le generazioni presenti e future allo stesso modo, sovrastimando, da un lato, i costi del cambiamento climatico e sottovalutando, dall’altro, i costi relativi alla riduzione delle emissioni.  Ma non esiste ancora una proposta convincente e generalmente accettata che possa condurre ad una valutazione condivisa di tali costi.

SVILUPPO SOSTENIBILE. In questo contesto, si incontra il concetto di sviluppo sostenibile come sfida per rispondere ai cambiamenti climatici. Per essere coerente da un punto di vista etico, lo sviluppo sostenibile dovrebbe mirare ad accrescere il benessere delle persone più svantaggiate nella società attuale (equità intragenerazionale) garantendo allo stesso tempo che le prospettive delle generazioni future non siano danneggiate (equità intergenerazionale). Le problematiche inerenti alla sfida del clima devono essere affrontate come opportunità per costruire una società sostenibile, capace cioè di mantenersi nel tempo garantendo un futuro anche alle prossime generazioni attraverso una progressiva riduzione delle emissioni di gas serra ed una maggiore equità sociale ed economica a livello globale.

Per concludere, i cambiamenti climatici rappresentano una grave minaccia per la stabilità del sistema ambientale ed economico mondiale e per questo richiedono un’azione collettiva ed immediata. Una delle sfide fondamentali a livello internazionale è quella di conciliare l’obiettivo di stabilizzare i gas serra in atmosfera con i principi di equità e di sviluppo economico sostenibile. Un’azione politica di successo dovrebbe essere ad ampio raggio, equa e basata su un obiettivo comune, ma con sforzi e azioni differenziate. In tale contesto, i trasferimenti finanziari e tecnologici giocheranno un ruolo chiave sia nel rafforzare la credibilità degli impegni presi dai Paesi industrializzati verso quelli via di sviluppo, sia per incentivare una futura partecipazione di tutti i Paesi, tenendo presente che la necessità di costruire un accordo globale non implica che tutte le parti siano coinvolte nello stesso modo e nello stesso momento.

 


[1] Nel 2010, la media delle emissioni pro capite dei Paesi a basso reddito era pari a (1.4 tCO2eq/pro capite/annuo) nove volte più bassa della media di emissioni dei Paesi ad alto reddito (13 tCO2eq/pro capite/annuo). Technical Summary, IPCC 2014, AR 5, WG3 http://report.mitigation2014.org/drafts/final-draft-postplenary/ipcc_wg3_ar5_final-draft_postplenary_technical-summary.pdf

[2] Il tasso di sconto è un parametro che misura l’importanza del benessere delle generazioni future rispetto a quello delle generazioni presenti. Diversi tassi di sconto implicano una diverse equità intergenerazionale. Ad esempio, se il tasso è pari a zero, i danni futuri vengono pesati come quelli attuali. Da questa ipotesi scaturisce la conclusione della necessità di drastici interventi oggi.

[3] Per una sintesi del Rapporto Stern vedi qui.


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